Edizione 2017
Questa terza edizione di Poietika acquista definitivamente una fisionomia internazionale. Sarà, di certo, un’occasione unica per la nostra regione, in quanto attraverso la cultura si promuoverà un intero territorio. Infatti, l’intento è quello di veicolare l’immagine di un Molise che si fa fulcro intorno al quale si raccolgono le voci di intellettuali, scrittori, filosofi e poeti che affronteranno tematiche di strettissima attualità.
Il tema di fondo declinato dai nostri ospiti nell’edizione 2017 sarà quello della parola e la terra. Una tematica che si presta a molteplici letture.
La terra intesa come radice e le sue molteplici proiezioni di significato: il dramma dell’esilio, la memoria, il grembo materno, il cordone ombelicale che ci tiene, la terra ferita e oltraggiata che geme, il seme che germoglia, la prima parola pronunciata, quella stessa parola che alla terra ritorna. Saranno coinvolti scrittori, filosofi, poeti, musicisti e saggisti invitati ad interagire con scrittori, poeti ed intellettuali molisani.
Valentino Campo, Direttore artistico di Poietika
3 febbraio 2017
UMBERTO GALIMBERTI
(dialoga con Adele Fraracci)
Ore 19:00 – Teatro Savoia
10 febbraio 2017
JORGE GALAN
(dialoga con Emilio Coco)
Ore 18:30 – Auditorium GIL
24 febbraio 2017
GIANCARLO LIVIANO D’ARCANGELO
(dialoga con Andrea Gentile)
Ore 18:30 – Auditorium Gil
3 marzo 2017
ADONIS (Lectio Magistralis)
Traduzione dall’arabo di Wasim Dahmash
Ore 18:30 – Teatro Savoia
10 marzo 2017
ANTONIO MORESCO
(dialoga con Adelchi Battista)
Ore 18:30 – Auditorium Gil
24 marzo 2017
Concerto
AEHAM AHMAD – IL PIANISTA DI YARMOUK*
Ore 21:00 – Teatro Savoia
Prevendita biglietti botteghino palazzo GIL
31 marzo 2017
MASSIMO ONOFRI
(dialoga con Antonio Di Chiro)
Ore 18:30 – Auditorium Gil
7 Aprile 2017
PATRIZIA VALDUGA
(dialoga con Valentino Campo)
Ore 18:30 – Auditorium Gil
Ingresso libero a tutti gli eventi eccetto per Adonis (Lectio Magistralis) (3 € per gli under 25 e 5 € per tutti gli altri) e il Concerto di Aeham Ahmad (€ 10 – 24 marzo Teatro Savoia)
Tuttavia, per l’ingresso, c’è bisogno di biglietto segnaposto (max 2 a persona) che potrà essere ritirato mezz’ora prima dell’inizio evento.
Cliccare sul nome per ulteriori informazioni
A
Umberto Galimberti
UMBERTO GALIMBERTI
Nato a Monza nel 1942, è stato dal 1976 professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 è professore ordinario all’università Ca Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia della Storia. Dal 1985 è membro ordinario dell’international Association for Analytical Psychology.
Dopo aver compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha tradotto e curato di Jaspers, di cui è stato allievo durante i suoi soggiorni in Germania: Sulla verità (raccolta antologica), La Scuola, Brescia, 1970. La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato, 1973. Filosofia, Mursia, Milano, 1972-1978, e Utet, Torino, 1978. di Heidegger ha tradotto e curato: Sull’essenza della verità, La Scuola, Brescia, 1973.
Jorge Galan
JORGE GALAN
Jorge Galan è nato a San Salvador nel 1973 ed è lo pseudonimo letterario di George Alexander Portillo. Ha studiato letteratura e lettere presso la Universidad Centroamericana Jose Simeon Canas. Ha ricevuto il primo premio nei Juegos Florales Concultura nel suo paese quando era ancora studente, per tre volte è stato insignito del titolo di “Gran Maestro della poesia.” Le difficoltà di pubblicare nel San Salvador lo ha portato a partecipare a diversi premi che ha meritatamente guadagnato come i Juegos Florales de Quetzaltenango (Guatemala, 2004), il Premio Adonais (Spagna, 2006) e ai Premios del Tren 2009 di poesía. Anche se Galán nel suo paese è conosciuto come poeta, si è dedicato alla narrazione, con la pubblicazione del suo primo romanzo, “Il sogno di Mariana”, con il quale ha vinto il Premio Nazionale per il romanzo di El Salvador, dedicato alla scrittura per bambini. Nel 2013 in Spagna ha pubblicato il romanzo “La stanza sul retro della casa” per le edizioni Valparaiso, con una prefazione di Almudena Grandes. Il libro è stato pubblicato in Italia, Francia, Grecia, Brasile, Olanda e Serbia. Nel 2015 pubblica il romanzo “Novembre”, che racconta l’omicidio nel Salvador di sei gesuiti nel 1989, tra cui Ignacio Ellacuría. A seguito della pubblicazione del libro è costretto all’esilio dal suo paese, in seguito a gravi minacce di morte, ricevendo il sostegni di intellettuali come Mario Vargas Llosa, Joaquin Sabina, Joan Manuel Serrat, Charles Simic, Almudena Grandes, Luis Garcia Montero, Donald Hall e Ernesto Cardenal. Nel 2016 ha realizzato un soggiorno creativo nella residenza Faber.
Giancarlo Liviano D'Arcangelo
GIANCARLO LIVIANO D’ARCANGELO
E’ nato a Bologna nel 1977 ed è cresciuto a Martina Franca. È scrittore e studioso di mass media. Nel 2007 ha pubblicato il romanzo d’esordio Andai, dentro la notte illuminata (Pequod),finalista al premio Viareggio.Nel 2011 ha pubblicato per Fandango il reportage narrativo Le ceneri di Mike con cui ha vinto il premio Benedetto Croce e il premio Sandro Onofri. Nel 2013 ha pubblicato per Il Saggiatore il reportage narrativo Invisibile è la tua vera patria, sulle grandi storie dell’industria italiana dell’ultimo secolo. Ha pubblicato racconti per le antologie Juve!(Rizzoli, 2013) e La storia siamo noi, (Neri Pozza, 2008) che aprì il Festival delle Letterature di Roma nello stesso anno. Nel 2013, sempre al Festival delle Letterature, ha letto l’inedito In morte di un amico. Nel 2014, sempre per il Saggiatore, è uscito Gloria agli eroi del mondo di sogno. Fa parte della redazione di Nuovi Argomenti, collabora con vari giornali nazionali e scrive di cultura su l’Unità.
Adonis
ADONIS
Poeta siriano-libanese, critico letterario, traduttore e redattore, una figura di grande influenza nella poesia e letteratura araba contemporanea, considerato come il massimo poeta arabofono vivente.
Nel suo lavoro Adonis fonde una profonda conoscenza della poesia classica araba ed espressione rivoluzionaria, moderna. Come gran parte di scrittori mediorentali, Adonis ha esplorato il dolore dell’esilio – “Scrivo in una lingua che mi esilia,” ha detto.
“Essere un poeta significa che ho già scritto ma che in realtà non ho scritto nulla. La poesia è un atto senza principio né fine. In realtà si tratta di una promessa di un inizio, un eterno inizio. (da Preface 1992).
Adonis nato ‘Ali Ahmad Sa’id ad Al Qassabin, presso la città di Latakia, in Siria. Suo padre era un contadino ed imam; morì nel 1952. Il maestro del villaggio gli insegnò a leggere e scrivere ma non frequentò la scuola, o vide un’automobile o sentito una radio fino all’età di dodici anni. Da suo padre, una figura che influenzò molto la sua vita, ricevette un’educazione tradizionale islamica. Nel 1944 Adonis entrò al French Lycée a Tartus, e si diplomò nel 1950. In quello stesso anno pubblicò la sua prima raccolta di versi, Dalila. Adonis studiò legge e filosofia all’Università Siriana di Damasco, e prestò servizio nell’esercito per due anni. Perseguitato per le sue idee politiche, Adonis trascorse parte del servizio militare in prigione. Dopo aver lasciato il suo paese natio nel 1956, Adonis si stabilì insieme alla moglie, il critico letterario Khalida Sa’id, in Libano, diventando cittadino libanese.
Insieme all’amico, Yusuf Al-Khal (1917-1987), fondò la rivista di poesia Shi’ir, che introdusse ideee moderniste nella poesia araba. Il primo numero fu vietato in numerosi paesi arabi. Quando cominciò a diffondersi la voce che Shi’r era infiltrata da elementi nazionalisti siriani, la rivista fu temporaneamente sospesa. Il gruppo intorno alla rivista si sciolse. Adonis ruppe il suo legame con Al-Khal, che avviò la rivista con un’altra redazione.
Aghani Mihyar al-Dimashqi (1961) è stata la prima opera importante di Adonis, in cui i riferimenti al passato diventano veicolo per concetti rivoluzionari. Nel 1964 Adonis curò una importante antologia della poesia araba, Diwan ash-shiar al-arabi. Con un’avanguardia di scrittori arabi nel 1968 diede vita a Mawakif, un periodico che come Shi’ir sosteneva il rinnovamento delle convenzioni letterarie arabe, ma in modo più radicale.
Adonis adottò il suo pseudonimo agli inizi della sua carriera, definendo nel nome l’idea di rinnovamento spirituale. Adonis, nella mitologia greca, è un bel giovane, amante di Afrodite; la sua storia include anche il tema della risurrezione.
La prima raccolta di versi in inglese, The Blood of Adonis, fu pubblicata nel 1971. L’edizione fu rispampata con tre nuove poesie con il titolo “Transformations of the Lover” (1982). Intellettuale musulmano e scrittore di fama mondiale, Adonis ha costruito ponti fra le influenze occidentali e tradizione araba, greca e biblica.
“L’occidente è un altro nome dell’oriente” ha scritto una volta.
Il materialismo occidentale, che egli rifiuta, è l’argomento di ‘A Grave for New York’. La poesia scritta dopo un suo soggiorno nella città. Adonis si rivolge a Walt Whitman, che diventa sua guida come Virgilio fu guida di Dante attraverso l’Inferno.
Molti anni dopo, nel 1998 Adonis confessò di sentirsi “più vicino a Nietzsche e Heidegger, a Rimbaud e Baudelaire, a Goethe e Rilke, che a molti scrittori, poeti ed intellettuali arabi.”
Nel 1970 Adonis fu nominato professore di letteratura araba all’Università Libanese. Tre anni dopo Adonis ottenne un dottorato dalla St Joseph University di Beirut. L’argomento della sua tesi fu “Permanenza e Cambiamento nel pensiero e letteratira arabi.” Nel 1975 in Libano scoppiò la guerra civile e negli anni ’80 ci fu una escalation – l’esercito israeliano entrò a Beirut e i siriani si trovarono in trincea. In questo periodo Adonis trascorse la maggior parte del tempo a Beirut. Nel 1980-81 fu docente in visita all’università Censier Paris III. Adonis ha insegnato anche al Collège de France, alla Georgetown University, e all’Università di Genova. Dopo aver lasciato lUniversità Libanese, nel 1986 Adonis si trasferì a Parigi. Nel 2001, Adonis fu insignito del Goethe Medal del Goethe-Gesellschaft. Il suo nome è stato spesso citato fra i candidati al Premio Nobel.
Benché Adonis abbia esaminato criticamente i problemi del Medio Oriente, come poeta è stato più interessato alla sperimentazione, linguaggio e a liberare la poesia dal formalismo tradizionale, che a commentare temi socio politici contemporanei. Secondo Adonis, il poeta arabo ha due facciate, l’Io e l’Altro, la persona Occidentale. L’esilio non è solo la definizione basilare dell’essere del poeta arabo; la lingua stessa è nata in esilio. Il poeta vive tra due esilii, quello interno e quello esterno. E ci sono “anche molte altre forme di esilio: censura, interdizione, espulsione, prigione ed assassinio.” Le idee di Adonis sulla stagnazione della cultura e letteratura arabe hanno suscitato molte controversie. Adonis ha risposto: “nulla mi rischiara come questa oscurità / O forse era: nulla mi oscura come questa chiarezza”.
Dopo il bombardamento di Kana durante la guerra del LIbano del 2006, Adonis ha detto in una intervista che “Israele vede il mondo arabo solo con gli occhi del metallo incandescente, rabbioso, il metallo dei carri armati, dei proiettili o dei terroristi.”
“Vengo da una terra in cui la poesia è come un albero che veglia sull’uomo e in cui il poeta è uno che comprende il ritmo del mondo”.
Antonio Moresco
ANTONIO MORESCO
Scrittore italiano. È autore di opere narrative, teatrali e di saggistica.
Ha pubblicato a 46 anni la sua prima raccolta di racconti, Clandestinità (Bollati Boringhieri 1993). Da allora sono numerosissime le opere pubblicate con i più diversi editori, tra cui La cipolla (Bollati Boringhieri, 1995), Lettere a nessuno (Bollati Boringhieri 1997), Gli esordi (Feltrinelli, 1998), Lo sbrego (Holden Maps – Rizzoli, 2005), Scritti di viaggio, di combattimento e di sogno (Fanucci, 2005), Zio Demostene. Vita di randagi (Effigie, 2005), Merda e Luce (Effigie, 2007) e Canti del caos (Feltrinelli, Rizzoli e Mondadori). Per Mondadori sono inoltre apparsi Gli incendiati (2010), La lucina (2013), Fiaba d’amore (2014) e Gli increati (2015). Con Giunti nel 2016 ha pubblicato L’addio.
Nel novembre del 2001 ha organizzato con Dario Voltolini un incontro-confronto tra scrittori e intellettuali dal titolo Scrivere sul fronte occidentale. Sempre con Voltolini ha poi curato l’antologia omonima che da quell’incontro è scaturita (Feltrinelli, 2002). Nel 2003 è stato tra i fondatori del blog collettivo Nazione Indiana (sua è l’idea del nome), da cui è uscito con altri membri nel 2005 per fondare la rivista telematica e cartacea «Il primo amore».
Aehad Ahmad
AEHAD AHMAD
Le note di un pianoforte, a volte, possono essere più forti dei fischi assordanti dei missili che precipitano o delle bombe che esplodono nelle zone di guerra. Ormai noto in tutto il mondo come il leggendario pianista di Yarmouk, campo profughi palestinese alle porte di Damasco dov’è nato nel 1989, Aeham Ahmad arriverà in concerto al Teatro Savoia di Campobasso.
Un’occasione imperdibile per conoscere e ascoltare la malinconia dell’esilio di un pianista che concepisce la musica come un’arma per costruire la speranza di un mondo diverso.
Classe 1989, Ahmad è stato il primo artista a ricevere il Premio Beethoven, nel 2015, per il suo impegno in favore dei diritti umani. Nell’agosto 2016 è uscito “Music for hope”, il suo primo album composto da 18 tracce che raccontano il dramma della guerra in Siria attraverso una musica “classica”, dallo stile pienamente occidentale, armonicamente congiunta con i versi e la melodia del canto arabo. Un incontro sorprendente che si traduce in un universo musicale inedito e affascinante.
Come racconta Ahmad: “Music for hope è dedicato al mio popolo, che vuole vivere libero ma non ha alcuna voce”. Le immagini di Aeham Ahmad al pianoforte, tra le macerie dei bombardamenti alla periferia della capitale siriana, hanno commosso il mondo intero. Lì Ahmad suonava ogni giorno un pianoforte montato su un carretto, circondato da bambini che lo accompagnavano con il canto. Una forma di resistenza alla guerra, il sollievo della musica contro il mortifero frastuono del conflitto militare. Il giorno in cui i miliziani dell’Isis gli hanno bruciato il pianoforte – perché la musica occidentale è considerata peccato mortale – e ucciso uno dei bambini che stavano intorno al piano, Ahmad ha deciso di lasciare il suo paese e fuggire verso l’Europa attraverso la rotta balcanica, insieme a migliaia di altri migranti. Fino all’arrivo in Germania, dove acquisisce lo status di rifugiato, inizia a suonare nei teatri, incontra Angela Merkel, pubblica il suo primo album e vince il premio Beethoven.
Attualmente sta lavorando al suo secondo album e alla sua autobiografia, entrambe in uscita nel 2017. Una storia unica e, probabilmente, al tempo stesso, simile a quella di tanti esseri umani in fuga dalla guerra, costretti a lasciare le proprie radici alla ricerca non di un futuro migliore ma di un futuro e basta. Ahmad quel futuro lo ha trovato. E lo ha trovato in Europa, culla di quella musica classica che ha scoperto da piccolo a Damasco e che, tutto sommato, gli ha salvato la vita.
“Tutti noi apparteniamo allo stesso Dio – musulmani, ebrei, cristiani – e uno dei messaggi è quello d’avere fede in me, con pazienza e amore noi possiamo salvare il mondo – nonostante la situazione in Siria sia veramente disperata” – Aeham Ahmad
Massimo Onofri
MASSIMO ONOFRI
Laureato in filosofia morale presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, nel 1994 consegue il dottorato di ricerca in Italianistica. Attualmente è professore ordinario di letteratura italiana contemporanea all’Università di Sassari. Ha pubblicato prefazioni, saggi e articoli dedicati, tra gli altri, a Pirandello, Borgese, Brancati, Sciascia, Fiore, Bufalino, Consolo, Bertolucci, Giudici, Mario Soldati, Lalla Romano e Celati.
Già redattore di “Nuovi Argomenti“, esperto di letteratura siciliana, è stato autore di numerose opere di saggistica. Collabora con L’indice dei libri del mese, coi quotidiani Avvenire e La Stampa, con i quotidiani regionali del Gruppo Editoriale L’Espresso. Ha tenuto per anni una rubrica di recensioni di narrativa italiana sul settimanale Diario. È membro, dalla sua fondazione, del comitato editoriale della casa editrice Gaffi; è consulente editoriale anche per molte altre case editrici. Nel 2008 gli viene assegnato il Premio Brancati per la sezione saggistica con il libro “La ragione in contumacia. La critica militante ai tempi del fondamentalismo”. Vince Il Premio Fondazione De Sanctis nella sezione speciale della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il suo libro “L’epopea infranta – Retorica e antiretorica per Garibaldi” (Medusa Editore), consegnatogli il 6 ottobre del 2011. Attualmente risiede a Alghero.
Patrizia Valduga
PATRIZIA VALDUGA
Patrizia Valduga è una poetessa e traduttrice italiana nata a Castelfranco Veneto il 20 maggio 1953. Dopo aver frequentato il liceo scientifico, si iscrive alla facoltà di Medicina che lascia dopo tre anni per passare a quella di Lettere a Venezia, dove per quattro anni segue i corsi di Francesco Orlando, docente e critico letterario palermitano.
Nel 1981 inizia la sua relazione con il poeta e scrittore Giovanni Raboni che durerà fino al 2004, anno della morte del poeta.
Nel 1982 esordisce con la raccolta Medicamenta dove sfoggia le particolarità della sua ricerca sul linguaggio, come osserva Luigi Baldacci: «La Valduga […] ha fatto sua la crisi di linguaggio della poesia moderna […] è un poeta che parla con la crisi, servendosene».
La sua “capacità di canto e di strazio” culminerà nella raccolta La tentazione del 1985 e nelle poesie che verranno aggiunte in Medicamenta e altri medicamenta (1989).
Nel 1988 fonda la rivista Poesia e la dirige per un anno. Nel 1991 pubblica il poemetto Donna di dolori che è portato sulle scene da Franca Nuti e vince il Premio Eleonora Duse nel 1992. Nel 1994 pubblica la prima edizione di Requiem, libro da considerarsi in fieri da quasi dieci anni. Il volume raccoglie poesie scritte per la morte del padre (1991) e il 2 dicembre di ogni anno, dal 1992, una nuova ottava si aggiunge alle ventotto precedenti, sinonimo del simbolico ritrovo dell’autrice con la figura paterna ma anche un racconto della sua costante solitudine interiore. Nel 1996 l’autrice si destreggia con il sirventese del Duecento, scrivendo il poemetto Corsia degli incurabili proprio quando sembra essere totalmente concentrata sulla tematica dell’incombenza della morte.
La differenza fondamentale tra l’uomo e la donna durante un incontro amoroso è, invece, al centro di Cento quartine e altre storie d’amore (1997), seguito da Quartine. Seconda centuria (2001) e Lezioni d’amore (2004). Proprio in quest’ultimo lavoro ritorna l’ossessivo contrasto del desiderio e allo stesso tempo del suo rifiuto, riflesso nel lessico utilizzato dall’autrice: appellativi di matrice edipica (bimba-papà) contrastano con le minacce e la sopraffazione fisica fino ad arrivare alla confusione di dolore e godimento. Nel 2006 Valduga firma la postfazione alla raccolta postuma di Giovanni Raboni Ultimi versi e dopo anni di silenzio a causa della morte di lui pubblica il Libro delle laudi, autoanalisi tra biografia, psicologia e letteratura, dove la poetessa accetta la scomparsa del marito facendo riferimento, come dimostra il titolo dell’opera, ad autori come San Francesco e Jacopone Da Todi. L’autrice vive attualmente a Milano. Nel 2010 le è stato assegnato il Premio Caprienigma per la letteratura.