Edizione 2018
Poietika si è andata configurando nel corso degli anni come uno degli appuntamenti più prestigiosi ed importanti della Regione, in grado di superare i confini del Molise e di coinvolgere alcune delle personalità più rilevanti del panorama culturale nazionale ed internazionale.
L’eccezionale riscontro di pubblico, l’interesse mediatico suscitato, l’interlocuzione portata avanti con associazioni, enti ed istituzioni ha sancito la centralità di Poietika nel panorama dei grandi festival internazionali e ha garantito al Molise tutto una visibilità e, nello stesso tempo, un riconoscimento delle capacità organizzative e progettuali cresciute esponenzialmente di anno in anno.
Questa quarta edizione mira a tessere una rete nazionale e territoriale in grado sia di valorizzare la Regione nel suo complesso, sia di renderla il fulcro intorno al quale si raccoglieranno le voci di alcuni dei più importanti intellettuali nazionali ed internazionali, invitati ad affrontare tematiche urgenti e necessarie. E lo faranno da qui, da questa terra di echi e bagliori millenari.
Il tema proposto nel corso della quarta edizione sarà quello della bellezza. Tale tematica verrà declinata in ambito filosofico, letterario, ambientale, fotografico, economico, musicale, cinematografico, cogliendo nella poliedricità concettuale che sottende alla parola sia le implicazioni artistiche che quelle legate alla più cogente attualità, la bellezza che si svela anche nella sua quotidiana negazione, nella omologazione della società dei consumi. Nella globalizzazione imperante.
Valentino Campo – Direttore artistico di Poietika
16 Aprile 2018 – 18.30
TAHAR BEN JELLOUN
Teatro Savoia
Dialoga con Jean Portante
17 Aprile 2018 – 11.00
JEAN PORTANTE
Incontro con le scuole
Auditorium GIL
18 Aprile 2018 – 18.30
PIERO BOITANI
Teatro Savoia
19 Aprile 2018 – 18.30
EDGARDO FRANZOSINI
Auditorium GIL
Dialoga con Valentino Campo
2 maggio 2018 – 18.30
IAN GOLDIN
Teatro Savoia
Dialoga con Alberto Pozzolo
3 maggio 2018 – 11.00
GIUSEPPE BARBERA
Incontro con le scuole
Auditorium GIL
3 maggio 2018 – 18.30
GIUSEPPE BARBERA
Auditorium GIL
Dialoga con Francesco Spada
6 maggio 2018 – 18.30
PUPI AVATI
Auditorium GIL
Dialoga con Leopoldo Santovincenzo
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Tahar Ben Jelloun
TAHAR BEN JELLOUN
Scrittore marocchino di lingua francese, nei suoi romanzi contamina, attraverso una scrittura polifonica e raffinata, la tradizione araba scritta e orale con i moduli della narrativa moderna e postmoderna. Tra le sue opere principali, che privilegiano il mondo della marginalità e della devianza, occorre citare i romanzi “L’enfant de sable” (1985) e “La nuit sacrée” (1987 “Notte fatale”, 1988, premio Goncourt); in altre opere, quali “Le racisme expliqué à ma fille” (1998) e “Le dernier ami” (2004), prevale l’impegno politico e sociale.
VITA E OPERE
Dopo gli studi di filosofia all’università di Rabat, nel 1975 ha conseguito il dottorato alla Sorbonne di Parigi con una tesi in psichiatria sociale sulle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nordafricani in Francia, poi rielaborata nel saggio “La plus haute des solitudes” (1977; L’estrema solitudine, 1988) e nel romanzo “La réclusion solitaire” (1976; Le pareti della solitudine, 1990). Un’analisi ancora più accurata di questi temi si trova nel saggio “Hospitalité française” (1984). Il già citato romanzo “La nuit sacrée” gli è valso il premio Goncourt. Con E. Volterrani, suo traduttore italiano, ha pubblicato la raccolta di racconti ambientati nel Sud d’Italia” Dove lo Stato non c’è” (1991). I suoi romanzi si ispirano al mondo dei folli, degli esclusi, dei diversi: la protagonista del suo primo libro, “Harrouda” (1973), è una prostituta; l’eroe di “Moha le fou, Moha le sage” (1978) è un folle, mentre “La prière de l’absent” (1981) racconta l’errare di due vagabondi. Temi privilegiati sono l’allontanamento dalle origini e la frattura che ne deriva. Esemplari in tal senso i già citati romanzi “L’enfant de sable” (1985) e “La nuit sacrée”, che raccontano la storia della cancellazione e del ritrovamento di un’identità femminile.
Della sua successiva opera in prosa si ricordano inoltre: “Jour de silence à Tanger” (1990); “Les yeux baissés” (1991; A occhi bassi, 1993); “L’ange aveugle” (1992); “L’homme rompu” (1994; Corrotto, 1994); “Les raisins de la Galère” (1996; Nadia, 1996); “La nuit de l’erreur” (1997; Lo specchio delle falene, 1998); il summenzionato” Le racisme expliqué à ma fille”, “L’Auberge des paure” (1999);” L’Islam expliqué aux enfants” (2002); “Le dernier ami” (2004); “Yemma” (2006; Mia madre, la mia bambina, 2006); “Sur ma mère” (2008); “L’homme qui aimait trop les femmes” (2010); il saggio” Par le feu” (2011), dedicato alla primavera araba; “L’ablation” (2014); i saggi, entrambi del 2015, “È questo l’Islam che fa paura”, pubblicato in prima edizione in lingua italiana, e “Contes coraniques” (2015); il romanzo “Le mariage de plausi” (2016), in cui lo scrittore affronta i temi dell’integrazione e della differenza; “Le terrorisme expliqué à nos enfants” (2017), densa riflessione sullo scontro tra civiltà in atto nel mondo contemporaneo. Nella poesia di B.J. si ritrovano tutti i temi toccati nei romanzi e nei saggi: l’intera produzione poetica è raccolta in “Poésie complète”, 1966-1995 (1995; Stelle velate: poesie 1966-1995,1998).
Piero Boitani
PIERO BOITANI
Scrittore e critico letterario italiano, è professore di letteratura inglese all’Università La Sapienza di Roma. Ha pubblicato saggi su autori americani e sulla narrativa e la letteratura dell’Inghilterra medievale.
Tra le opere si ricordano in particolare: “Prosatori negri americani del Novecento” (1973); “L’ombra di Ulisse” (1992); “Sulle orme di Ulisse”(1998); “Il genio di migliorare un’invenzione” (1999); “Esodi e Odissee” (2004); “La prima lezione sulla letteratura” (2007); “Letteratura europea e Medioevo volgare” (2007); ” Il Vangelo secondo Shakespeare” (2009); “Il grande racconto delle stelle” (2012); “Riconoscere è un dio” (2014); “Tre favole romane”(2014); “Il grande racconto di Ulisse” (2016); “Dieci lezioni sui classici” (2017). Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti da Boitani si ricordano il premio Antonio Feltrinelli, conferitogli per i suoi studi di critica letteraria dall’Accademia dei Lincei (2002) e il Premio Balzan per la letteratura comparata.
Edgardo Franzosini
EDGARDO FRANZOSINI
Edgardo Franzosini è nato a La Valletta Brianza in provincia di Lecco. Vive a Milano. Ha pubblicato: Il mangiatore di carta (SugarCo), Raymond Isidore e la sua cattedrale (Adelphi) ottenendo il Premio l’Inedito-Maria Bellonci e il Premio Procida-Elsa Morante, Bela Lugosi. Biografia di una metamorfosi (Adelphi) con cui ha vinto il Premio Fimcritica, Sotto il nome del Cardinale (Adelphi), Sul Monte Verità (Il Saggiatore) e Questa vita tuttavia mi pesa molto (Adelphi). Suoi racconti sono apparsi su Panta e su Watt. I suoi libri sono stati tradotti in Francia, Spagna, Germania.
Ian Goldin
IAN GOLDIN
Il professor Ian Goldin è il direttore fondatore della Oxford Martin School, il principale centro mondiale per la ricerca interdisciplinare in sfide globali critiche. Professore universitario presso il Balliol College di Oxford, presidente dell’iniziativa globale CORE per riformare l’economia, Goldin ha ricoperto in precedenza la carica di vice presidente e direttore presso la Banca Mondiale e amministratore delegato della Banca di sviluppo dell’Africa australe, durante la quale è stato consulente del presidente Nelson Mandela. Ha anche lavorato come economista principale presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) e come direttore del programma presso l’OCSE a Parigi. Nato in Sud Africa, Goldin ha conseguito un BA (Hons) e una laurea presso l’Università di Cape Town, un Master presso la London School of Economics e un Master e PhD presso l’Università di Oxford. Ha pubblicato oltre 50 articoli e 13 libri, tra cui “Globalizzazione per lo sviluppo: commercio, finanze, aiuti, migrazione e idee” (Palgrave Macmillan, ristampato nel 2007) e “Persone eccezionali: come la migrazione ha plasmato il nostro mondo e definirà il nostro futuro” (Princeton University Press, 2011).
Giuseppe Barbera
GIUSEPPE BARBERA
Giuseppe Barbera, professore ordinario di Colture Arboree all’Università di Palermo, si occupa di sistemi e paesaggi della tradizione agricola mediterranea. Ha ricevuto numerosi titoli accademici e scientifici (molti dei quali specifici sugli agrumi) e, oltre alle numerose pubblicazioni scientifiche è è autore de L’Orto di Pomona (2000) Sistemi tradizionali dell’arboricoltura mediterranea, L’Epos, 1999; Ficodindia, L’Epos, 2002 (Premio Grinzane Cavour, Menzione Speciale, Giardini Botanici Villa Hanbury); Der Sizialianische Garten in Sansoucci, Un giardino siciliano in Germania, Eidos, 2003. Tuttifrutti (2007, Premio Grinzane Cavour, Giardini Hanbury), Abbracciare gli alberi (2009), Qualche cosa del mondo (2010). Ha curato la mostra “I Pomi d’oro”, prima mostra nazionale delle antiche varietà di agrumi italiani, (aprile 1999, palazzo Bettoni Cazzago, Gragnano), in collaborazione con il Politecnico di Milano, ed è stato responsabile scientifico del recupero del giardino di agrumi della “Kolymbetra” (Parco della Valle dei Templi) per conto del FAI.
Pupi Avati
PUPI AVATI
Giuseppe Avati, in arte Pupi, figlio di un antiquario bolognese e fratello maggiore di Antonio, sceneggiatore e produttore, nasce a Bologna il 3 novembre 1938 ed è sposato con Nicola, così chiamata in onore del nonno molto amato.
Inizialmente tenta una carriera nel jazz: dal 1959 al 1962 fa parte della Doctor Dixie Jazz Band come clarinettista, ma rinuncia dopo l’ingresso nella band di Lucio Dalla.
« Il mio sogno era diventare un grande clarinettista jazz. Ma un giorno nella nostra orchestra arrivò Lucio Dalla. All’inizio non mi preoccupai più di tanto, perché mi pareva un musicista modestissimo. E invece poi ha manifestato una duttilità, una predisposizione, una genialità del tutto impreviste: mi ha tacitato, zittito, messo all’angolo. Io a un certo punto ho anche pensato di ucciderlo, buttandolo giù dalla Sagrada Familia di Barcellona, perché si era messo in mezzo tra me e il mio sogno.»
Successivamente per quattro anni lavora come rappresentante della Findus surgelati, quelli che descrive come i quattro anni peggiori della sua vita. Illuminato dalla visione di 8½ di Federico Fellini, tenta la strada del cinema. Nel 1970 ottiene da un misterioso imprenditore i finanziamenti per girare due film: Balsamus, l’uomo di Satana e Thomas e gli indemoniati, due film “orgogliosamente provinciali”.
Dopo aver collaborato alla sceneggiatura di Salò o le 120 giornate di Sodoma, l’ultima fatica di Pier Paolo Pasolini (anche se, per questioni di diritti, non risulta accreditato pur essendo anche stato pagato), dirige il suo terzo lungometraggio, dal titolo La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975), seguito da La casa dalle finestre che ridono (1976), un giallo-horror che con gli anni è divenuto un film di culto per gli appassionati. Avati si cimenta in questo genere, che sembra proprio adattarsi alla sua personalità, potendo però disporre di budget superiore e di una troupe in cui si può notare la presenza, come sceneggiatore, di Maurizio Costanzo. Durante le riprese del film, girato a Comacchio e nelle valli ferraresi, fu avvertita la scossa di terremoto che sconvolse il Friuli: la scena è stata raccontata dallo stesso Avati e dall’aiuto regista Cesare Bastelli.
Nel 1977, esce Bordella, musical demenziale censurato all’uscita, che vede tra gli interpreti anche Christian De Sica, all’epoca giovanissimo. Nello stesso anno, Avati presenta il film grottesco Tutti defunti… tranne i morti che non convince pienamente la critica e il pubblico.
Nel 1978 il nome di Pupi Avati diviene noto al grande pubblico in seguito alla messa in onda sulla RAI dello sceneggiato Jazz Band, che racconta la storia della Doctor Dixie Jazz Band, seguito da Cinema!!! e altri tre lavori televisivi di Avati (Dancing Paradise del 1982, Accadde a Bologna del 1983, È proibito ballare del 1989).
Nel 1979 collabora con i Pooh dirigendo lo special televisivo Viva, cronaca minuto per minuto della lavorazione dell’omonimo album, che va in onda il Natale di quello stesso anno.
Nel 1980 scrive Macabro, film che segna l’esordio alla regia di Lamberto Bava, figlio di uno dei precursori dell’horror cinematografico italiano, Mario Bava.
Nel 1983, il regista bolognese passa alla commedia, dirigendo il delicato Una gita scolastica, ma ritorna al thriller-horror con Zeder, giudicato una fra le sue migliori opere dai cultori del genere[9], scritto anch’esso in collaborazione con Maurizio Costanzo, nel quale messaggi letti sul nastro di una macchina da scrivere elettrica conducono alla scoperta dei terreni K, dove i morti lì sepolti possono riprendere vita. Il film, uscito un anno prima di Pet Sematary di Stephen King, ne anticipa quindi la tematica[10]. Sulla vicenda narrata aleggia la figura del leggendario alchimista Fulcanelli, autore di Il mistero delle cattedrali,
Dopo l’amaro Impiegati (1984), Avati è nuovamente alla regia di un altro lungometraggio, ovvero Regalo di Natale (1986), film amaro sull’amicizia e sui tradimenti con un cast eccezionale: Diego Abatantuono in versione drammatica, gli attori feticcio di Avati, Carlo Delle Piane e Gianni Cavina, oltre a Alessandro Haber, George Eastman. Il film avrà un seguito nel 2004 intitolato La rivincita di Natale. Vengono poi i successivi Storia di ragazzi e di ragazze (1989), Bix (1991), il thriller L’amico d’infanzia (1993) che si segnala per l’ambientazione negli USA e per i valori di produzione hollywoodiani e L’arcano incantatore (1996) con Stefano Dionisi.
Scrive la sceneggiatura per la miniserie TV RAI Voci notturne (1995), diretta da Fabrizio Laurenti. Anche qui, ci sono riferimenti a Fulcanelli, che già veniva rievocato in Zeder.
Nel 1997 gira Il testimone dello sposo e nel 1999 La via degli angeli. Nel 2003 dopo un periodo di pausa, dirige il sentimentale Il cuore altrove che vede protagonisti il timido Neri Marcorè e Vanessa Incontrada che interpreta il ruolo di una giovane ragazza non vedente.
Il 2005 è un anno favorevole al regista, che porta sullo schermo Vittoria Puccini, Paolo Briguglia e Claudio Santamaria nella commedia romantica Ma quando arrivano le ragazze? e dirige Antonio Albanese, Katia Ricciarelli, Marisa Merlini, Angela Luce e nuovamente Neri Marcorè nel divertente La seconda notte di nozze. Nel 2007 è la volta del garbato La cena per farli conoscere, con Diego Abatantuono accompagnato dalle belle Francesca Neri, Ines Sastre, Vanessa Incontrada e Violante Placido, e Il nascondiglio, nuova incursione avatiana nell’horror, con Laura Morante nella parte di una donna italiana che rileva un inquietante edificio a Davenport, nello Iowa; nel 2008 di Il papà di Giovanna, nel 2009 di Gli amici del bar Margherita e nel 2010 di Il figlio più piccolo e Una sconfinata giovinezza.
Nel 2011 ha presentato in concorso alla Festa del cinema di Roma il film Il cuore grande delle ragazze, con la partecipazione di Micaela Ramazzotti e del cantante Cesare Cremonini. Nel 2013 dirige la sua nuova fiction con Christian De Sica da titolo Un matrimonio, in onda su RaiUno.
Sempre nel 2008 ha pubblicato la sua autobiografia Sotto le stelle di un film, edita da Il Margine, e ha vinto, per il film Magnificat del 1993, il XX Premio Internazionale Ascoli Piceno organizzato dall’Istituto Superiore di Studi Medievali “Cecco d’Ascoli”. Dal 9 dicembre al 12 dicembre 2009 partecipa al Mitreo Film Festival, a Santa Maria Capua Vetere.
Nel 2010 è stato realizzato un film documentario di interviste e animazioni Pupi Avati, ieri oggi domani diretto dal regista Claudio Costa, ispirato all’autobiografia del regista Sotto le stelle di un film. Al documentario hanno partecipato i tre figli, diversi attori e collaboratori, tra cui Carlo delle Piane, Diego Abatantuono, Katia Ricciarelli, Christian De Sica.
Presiede la Fondazione Federico Fellini, nata nel 1995 in memoria del grande regista riminese, che aveva esercitato grande influenza sullo stesso Avati e che gli era divenuto amico negli ultimi anni di vita, al punto che, come dichiara lo stesso regista, avevano concertato di girare un film in segreto per poi diffonderlo successivamente[1]. L’amore e la passione per la musica e per la propria città lo hanno accompagnato per tutta la vita: il regista spesso gira i suoi film a Bologna ed è solito inserire in essi numerosi riferimenti musicali, ispirandosi direttamente, in alcuni casi, a questa sua esperienza (come ad esempio in Ma quando arrivano le ragazze?). Sempre questo amore per la musica e in particolare per il Jazz, lo porterà a scrivere e dirigere il film TV Jazz Band nel 1978 e, nel 1991, Bix – Un’ipotesi leggendaria, dedicato alla figura di Bix Beiderbecke.
Nel settembre 2014 vince il premio come miglior sceneggiatura dell’anno per il film con Sharon Stone e Riccardo Scamarcio Un ragazzo d’oro al Montreal World Film Festival in Canada.