In perfetta simbiosi con la vita. La fusione e il dialogo costante tra arte e vita che caratterizzano la sua formazione e il suo credo artistico lo avvicinarono alle attività del CADA (Colectivo de Acciones de Arte), le cui performance provocatorie arrivarono sulle strade di Santiago e perfino nel cielo di New York. La sua proposta artistica si è articolata attraverso diverse tematiche che si intrecciano fra loro: la riflessione sulla natura cilena, l’amore per un’umanità che soffre, la denuncia contro la violenza, in ogni sua forma, perpetrata nel corso del XX secolo. Tutte queste riflessioni sono state proiettate in opere imprescindibili, come la trilogia “Purgatorio” (1979), “Anteparaíso” (1982) e “La Vida Nueva” (1994), considerata tra le più importanti della sua produzione poetica. Senza dimenticare, “Canto a su amor desaparecido”, “Inri” (Premio Nazionale di Letteratura del Cile), “Cuadernos de guerra”, “Zurita”, fino al recentissimo “Habré vuelto a ver de nuevo las radiantes estrellas” Raúl Zurita e Dante Alighieri. Nel 2016 per il suo contributo letterario al mondo latinoamericano riceve il premio Iberoamericano di Poesia Pablo Neruda dal Consiglio Nazionale cileno della Cultura e dell’Arte, e gli viene conferito dall’Università Ca’ Foscari di Venezia il Premio Alberto Dubito International alla carriera. Sulla sua produzione letteraria ha affermato che il colpo di Stato del 1973 è stato la colonna vertebrale della sua opera, “come se da allora avessi scritto un solo libro, incentrato su quel giorno”. Zurita comunque non si è limitato a scrivere e pubblicare poesie. Come recentemente ha dichiarato: “Mi parve che i linguaggi della letteratura cilena precedenti al colpo di Stato del 1973 non riuscissero a dare conto della frattura che si era prodotta nelle nostre vite”. E poi, con una evocazione di Artaud: “Al poeta tocca essere la prima vittima, quella che rappresenta tutti gli altri. Ma deve essere anche il primo dei caduti che si rialza per annunciare che vengono tempi nuovi”. E così, alla pubblicazione dei suoi versi ha cominciato a unire la realizzazione di performance, nelle quali si è spinto persino a gesti autolesionisti, per esprimere “l’impotenza di fronte alla realtà e la necessità di dire senza parole”.
Memorabile anche la performance newyorkese del 1982: dopo aver ottenuto il sostegno finanziario di varie università statunitensi e il supporto materiale del MIT, il poeta ha fatto tracciare in cielo da cinque aerei quindici versi in spagnolo tratti da La vida nueva, con lettere fatte di fumo, a più di 4000 metri d’altezza.
In seguito ha poi spiegato Il motivo per cui scelse di scriverle in spagnolo: “Scrissi in cielo quei versi della mia poesia in spagnolo come omaggio ai gruppi minoritari, rappresentati in quel caso dalla popolazione di lingua spagnola degli Stati Uniti, le persone che si trovano nelle peggiori condizioni di vita della società nordamericana”.
Un altro grande happening realizzato da Zurita nel 1993 è stato una rievocazione dei geroglifici di Nazca: il verso “Ni pena ni miedo” scritto nel deserto di Atacama, nel nord del Cile, in dimensioni gigantesche: 3 km di lunghezza per 400 metri di larghezza (si può vedere con Google Earth).